Racconti delle esperienze di corsa dei nostri atleti

Ecco amico mio ci siamo, inizia l’ultimo chilometro! Quanti ne hai affrontati nella tua vita da podista? Maratone, mezze, 10Km, campestri, tutte le corse hanno il loro ultimo chilometro, quello in cui l’atleta deve dar fondo alle energie residue per ottenere il miglior risultato possibile.
Ti ricordi, me lo hai insegnato tu quella volta che hai deciso di accompagnarmi nella mia prima 10 chilometri: io ero un podista inesperto e decisamente poco preparato e tu avevi capito che quel giorno avrei avuto bisogno di aiuto; hai corso al mio fianco per tutto il percorso cercando di farmi tenere un ritmo corretto, e quando siamo transitati davanti al cartello dell’ultimo chilometro hai detto “forza ora devi dare tutto quello che ti è rimasto”. A quel punto sono riuscito, con la mia risposta, a strapparti un sorriso ”Guarda che quello che c’era da dare l’ho già dato, qui non c’è rimasto niente!”
E si l’ultimo chilometro è cosi: bisogna raccogliere le energie residue, spingere il più possibile e, quando ti sembra di non averne più, stringere i denti per cercare di resistere fino all’ultimo centimetro.
Ma oggi per te è una giornata tranquilla, di quelle perfette per correre, il freddo di dicembre è mitigato da un caldo sole che splende su di un limpido cielo azzurro e sulla ciclabile non tira nemmeno un alito di vento. Il percorso lo conosci alla perfezione, lo hai fatto centinaia di volte, lo hai amato ed odiato: ricordo quella volta che mi hai raccontato le tue prime uscite e di quando stanco e sudato, in balia del vento avevi pensato “Ma chi me lo ha fatto fare?!”.
Ma oggi non è cosi, ormai di chilometri nelle gambe ne hai in abbondanza ed hai imparato a correre e soffrire con qualunque condizione atmosferica. E poi oggi c’è il sole che splende e che ti incita ad andare avanti passo dopo passo, nemmeno una nuvola in cielo, nemmeno una nube nel tuo cuore a ricordarti di quella brutta giornata di sei mesi fa quando, durante una tranquilla “sgambata” con la tua piccola principessa, proprio lui, il tuo muscolo cardiaco aveva smesso di battere: il cielo si era fatto nero d’improvviso ed un vento gelido ti aveva investito; il buio.
Ma quel giorno il tuo angelo custode era lì accanto a te: si è materializzato nella figura di un giovane runner che, richiamato dalle urla disperate di tua figlia, ti ha praticato un provvidenziale massaggio cardiaco con il quale ti ha riportato in vita.
La corsa in ospedale, le lacrime dei tuoi cari, lo sgomento negli sguardi dei dottori. Dopo qualche settimana proprio loro, i dottori, ti hanno definito “il miracolato”: ripreso per i capelli, curato, riabilitato e pienamente ristabilito.
Chiaramente la prima domanda che hai posto ai medici è stata “si vabbè ma quando posso riprendere a correre?”. Eh già, “QUANDO” e non “SE”, perché tu a smettere di correre non ci hai mai pensato: troppo importante la corsa per te, assimilabile alla vita stessa!
Ma alla fine, dopo tutti i controlli del caso, anche i medici hanno capito che l’unica medicina giusta per te è proprio la corsa. Ed allora eccoti qua di nuovo in pista, con le tue preziose scarpe colorate a consumare metro dopo metro i chilometri della pista a te tanto cara.
Il sole è ormai alto nel cielo, nella quiete di questo posto si sente nitido il canto degli uccelli, non sembra dicembre ma una tranquilla giornata di primavera; le gambe vanno alla perfezione, i metri scorrono veloci sotto le suole delle tue scarpe, respiri profondamente inalando i profumi che ti circondano, ti senti bene, provi a spingere ancora.
Il ritmo sale, accelerano i battiti ma per te è ormai tutto talmente automatico che quasi non te ne accorgi; la mente ora è sgombra, ascolti il rumore dei tuoi passi che scandisce il tempo, un occhio al cronometro, tuo fedele compagno, il passo è buono.
Che leggerezza, che liberazione! Quando nell’atto della corsa un piede sopravanza l’altro ti sembra quasi di fluttuare nell’aria; ti senti libero. Questo è il tuo momento magico, quello in cui i problemi e le preoccupazioni della vita non hanno più senso, quello in cui i brutti pensieri non hanno più spazio, ci sei solo tu, la strada che scivola docile e veloce sotto le tue suole ed il cronometro che scorre.
Ma ora cosa succede? Sembra quasi che le braccia non riescano a seguire il movimento della corsa, le gambe non girano più con il giusto ritmo, i piedi faticano a trovare il miglior appoggio al suolo. Forse sono i soliti problemi alle caviglie, conseguenze di vecchi infortuni: ferite di guerra che ogni runner si porta dietro e con le quali piano piano impara a convivere. Devi rallentare un po’ e cercare di riprendere il ritmo ….bene cosi! Sembra già che vada meglio.
Certo però che fatica, il respiro si fa sempre più affannato, ti senti un macigno all’inizio dello stomaco che quasi ti impedisce di respirare! Sicuramente sono i postumi dei pranzi natalizi perché, anche se sei sempre molto attento all’alimentazione, che vuoi, in compagnia qualche piccolo stravizio lo hai fatto. Ma non bisogna mollare ora, dai uno sguardo al GPS, ormai manca poco alla fine del chilometro; stringere i denti e continuare!
E adesso cosa c’è ancora? E’ il cuore, maledetto ancora lui! Ma cosa sta combinando? Sembra fermo …no, no eccolo batte! Si ma forse un po’ troppo, sembra impazzito! E adesso? ….E’ fermo!
Il buio, il freddo, il silenzio.
Di colpo delle grida! Una voce a te familiare ti risveglia, apri gli occhi e, anche se sfocata, riconosci la sagoma di tua moglie; dopo la malattia ti accompagna sempre nulle tue uscite anche se, non avendo il tuo stesso passo immancabilmente resta attardata.
Quando ha visto il tuo corpo riverso a terra le si è gelato il sangue ed ha iniziato a correre verso di te come non aveva mai fatto; trafelata e madida di sudore e lacrime è arrivata al tuo fianco, ed ora è qui che con urla e strattoni cerca di richiamarti alla vita.
La guardi fissa negli occhi, senti la necessità di dirle tante cose: tutte le frasi d’amore che in tanti anni hai solo pensato e che per timidezza ed un po' di vergogna hai sempre custodito gelosamente nel tuo cuore, tutti i sogni per il futuro che non le hai mai confidato.
Ma il fiato non ce la fa ad uscire ed allora nel tuo ultimo sguardo cerchi rapidamente di condensare tutte le tue emozioni: la paura, il conforto, l’amore per lei e per il vostro piccolo tesoro; un enorme “grazie” per tutti quelli che non le hai mai detto in questi anni. Vorresti accarezzarla, stringerla a te per darle conforto, ma ora non ne hai veramente più: è finito il tuo ultimo chilometro!
Questa volta il tuo angelo custode è arrivato con un attimo di ritardo; oggi andavi troppo forte anche per lui.
E così amico mio te ne sei velocemente andato, come hai sempre fatto nella tua vita: correndo!
Ciao

Sono le sei. Il sole è basso ma la luce già illumina i palazzi semicircolari e gli alberi proiettano le loro ombre sui piani più bassi.

Il garrire delle rondini, il gracchiare delle cornacchie, il tubare delle tortore ed il chioccolare dei merli , sono gli unici suoni che sento mentre mi avvicino alla Parrocchia.

Fabio, è già all’opera , dalla rapidità con cui si muove capisco che è già da mezzora  a lavorare e che ha in testa ,chiaro, il da farsi. Arrivano un po’ tutti , alle 6,10 la macchina organizzativa è a pieno regime.

Ci sono i pacchi da caricare sulle auto. Cominciamo  dall’auto di Marco, la riempiamo rapidamente.

Arrivano anche i ciclisti con le loro eleganti divise sociali.

“E quannoer Tevere che annavalento,lento..” e’ cosi che lo vedo mentre percorro il Lungotevere .

Sono partito da Ponte Milvio, ignaro delle condizioni atmosferiche.

Il cielo è grigio , non mi preoccupa più di tanto, ma sento rumori di temporale e verso Monte Mario da grigio diventa nero.

Ho imboccato la ciclabile che da Ponte Milvio mi porta al Lungotevere della Vittoria, pochi runner , due avanti a me, hanno lo stesso mio passo, non riesco ad avvicinarli.

Salgo sul Lungotevere e sono solo, i nastri che delimitano la mia corsia di marcia , le transenne e le pattuglie di VV.UU a presidiare gli incroci.

Silenzio innaturale per Roma, alle 8 e 30 di mattina.

Continuo la mia corsa, ponte dopo ponte , qualche goccia vicino al “Palazzaccio” e poi temporale , pioggia su pioggia,sono già tutto fradicio, scarpe comprese, quando decido di girare a Ponte Sisto ed andarmi a riparare sotto il portico vicino a Via Giulia. Dovrebbe passare a minuti la testa della Maratona di Roma edizione XXIII.

Mi sto avviando verso l’edicola ed incontro Roberta, la signora che vedo spesso correre da sola e qualche volta con Fabio.
Le propongo di venire a correre con noi e leggo nel suo sguardo un misto di resistenza e di perplessità.
Arriva Alessandro. Si parte . Faremo un po’di km dentro Casal Monastero e poi ci ricongiungeremo con il gruppo delle ore 7,30.
Le previsioni indicavano piogge moderate e fortunatamente si riveleranno sbagliate.
Alessandro, con i suoi problemi di respirazione, per tutta la settimana non ha sostenuto alcun allenamento ed io
con la ferita ancora aperta di domenica scorsa, di comune accordo decidiamo di trasformare i 3x7000 mt in 7*3000 mt sempre con 1km di recupero.
Non cominciamo male, siamo già allineati con il ritmo stabilito di 5’25”-5’30”/km
Ripassiamo per l’edicola dopo alcuni km e ci ricongiungiamo con il gruppetto dei cinque:
Gianni,Francesco,Fabio,Guenda e Serena, già pronto a partire

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